Mentre rimangono forti perplessità giuridiche sulla sentenza del Consiglio di Stato, si cercano soluzioni

È già in atto il conto alla rovescia per derimere la questione delle concessioni del demanio statale, che secondo il Consiglio di Stato devono essere messe all’asta entro fine dell’anno prossimo.
Come abbiamo già abbondantemente letto e scritto, «la mannaia della direttiva Bolkestein» rischia di calare ancora una volta sulle teste degli italiani, e se prima erano i pescatori, adesso sono gli operatori in concessione su aree demaniali.
Il Consiglio di Stato, in adunanza plenaria, ha stabilito che la proroga delle concessioni balneari è valevole solo fino al 31 dicembre 2023. Dal giorno successivo, il settore dovrà essere aperto alle regole della concorrenza, attraverso indizione di gare su base d’asta di evidenza pubblica, appunto come indicato dalla Direttiva di Bruxelles.
Si ritiene, tuttavia, che nella pronuncia del Consiglio di Stato ci siano anche degli aspetti positivi: ad esempio per la prima volta si parla espressamente di indennizzo e riconoscimento degli investimenti effettuati dai concessionari. Non si dovrebbero, quindi, temere a priori le gare, in quanto fa già parte degli imprenditori balneari veneti l’operare e confrontarsi nel mercato in un’ottica di investimento e di valorizzazione del bene in concessione (nel nostro caso le spiagge). Inoltre, la nascita di un nuovo quadro normativo deve diventare occasione per un rilancio del comparto, con la necessità di destinare risorse e fondi alla difesa delle spiagge.
Secondo i coordinatori delle categorie degli operatori delle spiagge, è quindi necessaria una assunzione di responsabilità da parte di tutta la categoria: essere consapevoli dell’importanza del ruolo che questo segmento strategico ricopre all’interno del sistema turistico balneare della costa veneta e italiana, dando risposta e soluzione ad un problema che si trascina da diversi anni.
Ma non finisce qua.
Questa è anche l’occasione per rimettere in discussione lo “strapotere” della Commissione Europea nei confronti di uno stato sovrano e della sua legislazione interna.
Diversi autorevoli giuristi intervenuti al convegno organizzato lo scorso mese di novembre dalla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Teramo hanno stroncato la sentenza del Consiglio di Stato sull’annullamento delle concessioni balneari al 2033.
Il convegno è stato presieduto dalla preside emerita Rita Tranquilli Leali, la quale fra l’altro ha stigmatizzato come in questa sentenza non vi sia stata alcuna menzione del Codice della navigazione.
Alfonso Celotto, professore ordinario di diritto costituzionale dell’Università di Roma, ha sottolineato l’effettuata usurpazione del potere legislativo, mentre Francesco Volpe, professore ordinario di diritto amministrativo dell’Università di Padova, ha motivato il suo giudizio di «sentenza inquietante».

Ancora più perentorio è stato il vicepresidente emerito della Corte Costituzionale, Paolo Maddalena (il più votato nei primi due scrutini della recente elezione del Presidente della Repubblica Italiana), secondo il quale «È impossibile, dal punto di vista costituzionale, porre sul mercato quelle fonti di produzione di ricchezza costituite dal demanio come le spiagge.
(…) Il contenuto di tale proprietà pubblica concerne il paesaggio, i beni artistici e storici (art. 9 Cost.), i servizi pubblici essenziali, le fonti di energia, le situazioni di monopolio e le industrie strategiche (art. 43 Cost.). Tutti elementi identificativi e costitutivi dello Stato-comunità, che peraltro presiedono allo sviluppo economico del paese. Ciò significa che sono inalienabili i servizi pubblici essenziali, mentre è fuori discussione che merita particolare attenzione il diritto fondamentale al lavoro (art. 4 Cost.), essendo la nostra Repubblica fondata sul lavoro (art. 1 Cost.)».
Fonte: www.mondobalneare.com/la-messa-a-gara-delle-spiagge-e-incostituzionale/
C’è da sperare che il Parlamento si esprima secondo questa logica.
Approvato il decreto legge sulle concessioni
Il Governo ha emanato un Decreto Legge che interviene sulle concessioni balneari, prevedendone la messa a gara dal 1° gennaio 2024.
Gli obiettivi, sottolinea Palazzo Chigi, sono quelli di «assicurare un utilizzo più sostenibile del demanio marittimo, favorirne la pubblica fruizione» e «promuovere una maggiore concorrenza sulle concessioni balneari».
Ora ci sarà un periodo transitorio, con la previsione che già dopo l’estate 2022 potrebbero essere aperti i primi bandi. Nel Ddl sono stati inseriti due fattori: da una parte il riconoscimento di indennizzi per gli operatori che negli anni hanno investito risorse non ancora ammortizzate, se dovessero perdere la gara; dall’altra, l’indicazione di forme di “autonomia territoriale” per le regioni.