Il legame tra Caorle e il doge Pietro Polani

La vita del 36esimo doge della Serenissima Repubblica, e la morte che lo colse nella nostra città

Ritratto del doge Pietro Polani - Sala del Maggior Consiglio, Palazzo Ducale, Venezia.

Come molti sanno, tra i 120 dogi che governarono la Repubblica di Venezia, ve ne fu uno che trovò la morte proprio a Caorle.

Pietro Polani nacque attorno al 1098, si presume a Venezia, da una famiglia all’epoca “nuova” (nonostante sia tradizionalmente considerata una delle nobili “case vecchie”, le prime menzioni di un Polani nei documenti storici veneziani risalgono solo al 1074) di mercanti, emigrati da Pola (Croazia) nella laguna di Venezia.

Un’ascesa sociale rapida, quella dei Polani, che portò il giovane Pietro – figlio dell’imperialis protonobilissimus (titolo bizantino) Domenico Polani – a sposare addirittura la figlia del doge in carica Domenico Michiel, Adelasa.

Quando nel 1130 il vecchio doge Michiel abdicò a causa delle precarie condizioni di salute, la scelta del successore ricadde proprio sul giovane genero, che grazie ai suoi successi personali e alla sua provenienza familiare vantava un ampio sostegno da coloro che temevano la prevaricazione di alcune delle famiglie più antiche e potenti.

Polani fu doge della Serenissima Repubblica di Venezia per diciassette anni, e proprio sotto il suo dogado si registra un avvenimento fondamentale della storia di Venezia: l’avvio dell’esperienza comunale, favorita dall’allargamento della compagine governativa e  dall’introduzione di nuove famiglie nell’ambito politico. Nel 1141 si riporta per la prima volta la presenza di una corte di sapientes, e di un Consiglio di Savi nel 1143. A quel punto, il termine “comune” è ormai introdotto nella documentazione pubblica.

La politica estera mise a dura prova il governo di Polani, che dovette fronteggiare lo scisma del 1130 con l’elezione di un papa, Innocenzo II, e di un antipapa, Anacleto II, circostanza che il doge gestì inizialmente con diplomazia, per poi schierarsi con Innocenzo II contro il filonormanno Anacleto.

Normanni che rappresentavano ormai una seria minaccia per la Serenissima, da sempre attenta a non permettere ad altre potenze di impossessarsi di entrambe le sponde adriatiche, bloccando il traffico commerciale veneziano. Polani tentò la via diplomatica, stipulando con i Normanni di Sicilia un trattato commerciale che per qualche anno permise a Venezia di occuparsi di altre questioni come una breve crisi con Padova relativa al governo delle acque fluviali, ma nel 1147 ricevette la richiesta di sostegno militare da parte dell’imperatore bizantino Manuele I Comneno, minacciato dall’irrequieto re normanno Ruggero II che aveva già attaccato Corfù.

Ricavandone in cambio importanti privilegi commerciali, il doge Polani rispose all’appello dell’imperatore, prendendo lui stesso il comando della spedizione che partì da Venezia nella primavera del 1148 per affrontare i Normanni.

Prima di prendere il largo, la flotta veneziana effettuò una sosta a Caorle, da sempre porto sicuro della Serenissima. 

Il doge però da Caorle non fu più in grado di proseguire; cadde ammalato e fu costretto ad affidare la spedizione al fratello Domenico e al figlio Naimerio, che in seguito avrebbero riportato una netta vittoria sui Normanni.

Quanto al doge, secondo alcuni trovò la morte proprio a Caorle, mentre secondo altri – tra cui monsignor Giovanni Musolino, autore di Storia di Caorle del 1967 – fu ricondotto a Venezia dove morì poco dopo, ad appena cinquant’anni.

Il legame tra il doge Pietro Polani e Caorle si arricchisce grazie ad alcune fonti che nel 1110 riportano la presenza di un Pietro figlio di Domenico Polani imbarcato sulla nave che portò a compimento la Translatio sancti Stephani, ovvero il trafugamento delle reliquie di Santo Stefano protomartire, recuperate a Costantinopoli da una spedizione veneziana. I più tra gli studiosi individuano in questo Pietro il futuro doge.

Parte superiore del cranio di Santo Stefano protomartire - Museo del Duomo, Caorle.

Come risaputo, Santo Stefano non solo rappresenta il protettore della città di Caorle, ma a lui il vescovo Reinaldo nel 1247 intitolò il Duomo, tra il cui tesoro è ancora oggi conservata la parte superiore del cranio del santo in una teca visitabile presso il Museo del tesoro del Duomo (nella foto tratta dal libro Caorle Sacra di P. F. Gusso e R. Candiago Gandolfo).