Caterina Cornaro, regina anche a Caorle

Secondo la tradizione, la nobildonna veneziana e regina di Cipro qui trovò rifugio da una burrasca​

Ritratto di Caterina Cornaro di Tiziano Vecellio, 1542 - Gallerie degli Uffizi, Firenze

Caterina Cornaro nacque a Venezia nell’anno 1454. Nelle sue vene scorreva sangue nobile: il padre era Marco Cornaro, del ramo di San Cassiano della nobile famiglia patrizia veneziana dei Cornaro, il cui bisnonno era stato doge. La madre era Fiorenza Crispo, sorella del duca di Nasso e nipote per lato materno dell’imperatore di Trebisonda Giovanni IV Comneno.

Dopo un’infanzia serena trascorsa prima nel palazzo paterno, l’attuale Ca’ Corner della Regina, poi presso il monastero di San Benedetto Vecchio a Padova, a quattordici anni venne data in sposa per procura al re di Cipro Giacomo II Lusignano: un’unione vantaggiosa dal punto di vista politico sia per il sovrano cipriota che per la Serenissima, allarmata dalla pressione turca sull’isola.

La partenza di Caterina per Cipro avvenne solo nel 1472. Ormai diciottenne, fu accompagnata a San Nicolò al Lido da un gran seguito di popolo, imbarcata sul Bucintoro al fianco del doge Nicolò Tron. Il motivo di tutto questo sfarzo era l’adozione da parte della Serenissima di Caterina come “figlia” della Repubblica.

Lo sbarco avvenne al porto di Famagosta, presso la cui cattedrale fu finalmente celebrata l’unione con re Giacomo e più tardi, a Nicosia, Caterina fu incoronata regina di Cipro con una fastosa cerimonia.

Il matrimonio con Giacomo durò meno delle trattative per portarlo a compimento: infatti, il re cipriota morì improvvisamente una notte di luglio del 1473. L’ancora giovanissima Caterina, all’epoca in avanzato stato di gravidanza, si ritrovò erede al trono assieme al nascituro. La posizione della regina era debolissima e fu subito messa da parte dai maggiori esponenti del partito catalano, che formarono un collegio di “commissari” che prese il potere sull’isola.

La tensione politica nel regno crebbe durante l’autunno di quello stesso anno, fino a sfociare in un complotto ordito dal partito catalano e dal re di Napoli Ferdinando, il quale stava conducendo delle trattative matrimoniali con l’arcivescovo di Nicosia Luigi Fabricies, per far sposare al figlio bastardo Alfonso una figlia naturale di Giacomo II.

La Repubblica di Venezia non rimase a guardare. Conscia del pericolo che da più fronti incombeva su Cipro (anche papa Sisto IV guardava con interesse alle vicende cipriote, sostenendo Carlotta, sorellastra di Giacomo II da lui deposta), inviò il capitano generale da Mar Pietro Mocenigo, al comando di buona parte della flotta, a porre sotto controllo la situazione. Lo sbarco a Famagosta del provveditore Vettor Soranzo il 31 dicembre 1473 mise in fuga i congiurati.

Ancora una volta, però, Caterina fu esautorata del potere, che fu assunto da un provveditore e due consiglieri scelti dalla Serenissima per “assistere” la regina nel governo dell’isola.

L’anno successivo il figlioletto di Caterina, Giacomo III, morì all’età di appena un anno a causa di febbri malariche. Distrutta dal dolore, la regina ricevette la visita del padre, organizzata dalla Repubblica, allo scopo di assicurarsi la fedeltà del popolo cipriota. Marco Cornaro dovette prendere atto della supremazia politica che i magistrati veneziani detenevano sulla regina; Caterina stessa, inoltre, aveva già preso carta e penna per lamentare direttamente al doge le continue ingerenze negli affari statali e l’umiliante condizione, per niente adatta al suo status di regina, nella quale era costretta. Venezia non arretrò di un passo sul controllo politico dell’isola, ma concesse alla regina una rendita annuale di 8.000 ducati di cui disporre senza controllo. La regina fu costretta a rassegnarsi all’ufficiosa trasformazione di Cipro da regno indipendente a possedimento della Serenissima.

Gli anni a venire furono dominati da apparente tranquillità, ma i movimenti politici, specialmente da parte del mai domo re Ferdinando di Napoli, persistevano al pari della sempre viva minaccia turca e di altri regni circostanti.

Dopo l’ultimo tentativo di trattative matrimoniali con la stessa Caterina da parte del sovrano napoletano, la Repubblica di Venezia inviò il capitano generale da Mar Francesco Priuli assieme al fratello di Caterina, Giorgio Cornaro, a persuadere la regina al ritorno in patria. 

Facendo appello agli affetti familiari e al dovere verso la Patria, ma anche mettendo in guardia la sorella sulla volontà della Repubblica di prelevarla da Cipro ad ogni costo, il nobile veneziano ottenne la resa della regina. Caterina si imbarcò sulla galea comandata dal cugino Nicolò Cornaro nel marzo 1489, salutando per sempre la sua isola tra la commozione dei Ciprioti. In tutta Cipro fu infine innalzato lo stendardo di San Marco.

Venezia rende omaggio a Caterina Cornaro di Hans Makart, 1872-73 - Oesterreichische Galerie Belvedere, Vienna

CATERINA CORNARO A CAORLE

Conosciamo il giorno del suo arrivo a San Nicolò al Lido, ovvero il 5 giugno 1489, e sappiamo essere stato il suo un viaggio particolarmente travagliato.

Stando alle parole dello storico Trino Bottani, riportate nella sua opera Storia della Città di Caorle risalente al 1811, secondo i racconti popolari tramandati oralmente dagli abitanti di una ancora arcaica Caorle, il movimentato viaggio condusse Caterina Cornaro proprio al largo delle coste della nostra città, presa in una burrasca e quindi soccorsa e indotta a rifugiarsi con la flotta nel porto di Caorle.

Si rifà alle leggende popolari riportate dal Bottani anche Giovanni Musolino nella sua Storia di Caorle del 1967, il quale racconta della decisione assunta dal Consiglio dei cittadini il giorno 23 giugno 1686 “d’imbiancar certe figure poste sotto la cappella dell’altar maggiore per esser indecenti, molto sconcie nella faccia, consumate dal tempo e di poca considerazione.” Le figure in questione, riporta Musolino, poste nella conca dell’abside, includevano la rappresentazione della regina Caterina Cornaro che, di ritorno da Cipro, approdata a Caorle a causa di una tempesta, vi si trattenne per qualche giorno.

Duomo di Caorle.

L’oggetto che più di tutti lega tradizionalmente Caorle all’affascinante figura della Regina di Cipro è tutt’oggi ammirabile all’interno del Duomo di Caorle. La splendida Pala d’Oro che orna l’abside maggiore della Cattedrale di Santo Stefano sarebbe il dono ricevuto da Caorle come ringraziamento per il soccorso e l’accoglienza offerti alla Regina. Le sei formelle che la compongono, incise in realtà in argento dorato, raffigurano una serie di immagini sacre, alcune di certa identificazione come l’Arcangelo Gabriele, il Cristo in trono e la Vergine Orante, altre ancora ipotizzabili come il profeta Daniele, il San Pietro Apostolo e – probabilità accresciuta dal fatto di rappresentare il patrono di Caorle – il Santo Stefano Protomartire. La provenienza e l’originaria composizione delle formelle che costituiscono la Pala rimane tutt’oggi incerta (P. F. Gusso e R. Candiago Gandolfo, Caorle Sacra, 2012).

Sicuramente sappiamo che Caterina Cornaro giunse in patria solo ad inizio giugno, ricevendo una regale accoglienza capeggiata dallo stesso doge Agostino Barbarigo, che accompagnò la regina sul Bucintoro fino a Piazza San Marco, dove fu rinnovata la donazione dell’isola di Cipro alla Repubblica di Venezia.

Caterina, come indennizzo, poté conservare la sua annuale rendita di 8.000 ducati, e le furono inoltre conferite le terre e il castello di Asolo, di cui divenne signora. Conservò inoltre, per concessione della Serenissima, il titolo di rejna de Jerusalem Cypri et Armeniae.

Pala d'Oro custodita all'interno del Duomo di Caorle.

GLI ULTIMI ANNI DELLA REGINA

Dal punto di vista politico, la Repubblica di Venezia fu attenta a non permettere un risveglio delle ambizioni di ritorno al trono di Cipro in Caterina Cornaro, mantenendola appagata attraverso il tributo di onori ad Asolo e in ogni sua apparizione a Venezia e nelle podesterie in terraferma.

Nell’aprile dell’anno 1510 troviamo una deliberazione del Consiglio dei Dieci che la giudica coinvolta in una congiura riguardante il governo di Cipro. Questo le costò un severo ammonimento ad astenersi da ulteriori macchinazioni, pena l’adozione di severi provvedimenti nei suoi confronti.

Caterina morì a Venezia la notte tra il 9 e il 10 luglio 1510 dopo tre giorni di dolori di stomaco. Le furono tributate onoranze fastose in qualità di figlia adottiva della Repubblica di Venezia. Caterina fu sepolta presso la chiesa dei Santi Apostoli, nella cappella di famiglia.

Il suo corpo vi rimase fino alla fine del Cinquecento quando, in occasione di lavori di rifacimento della chiesa, il suo sarcofago fu traslato alla chiesa di San Salvador. Vi riposa tutt’oggi, al cospetto del monumento sepolcrale a lei dedicato e inciso a fine ‘500 dallo scultore Bernardino Contin e sotto una lapide che riporta inciso il titolo che l’ha accompagnata attraverso la storia: Catharinae Corneliae Cypri Hierosolymorum ac Armeniae Reginae.

La regina depone la corona al doge Agostino Barbarigo di Bernardino Contin, 1580-84 - Chiesa di San Salvador, Venezia